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L'insignificante GRAMOGRUMO della mia insonnia
Il luogo e i pensieri

A guardar bene ho vissuto da sempre in un sogno, in una allucinazione, sempre, anche quando mi davo obiettivi di vita ragionevoli, anche se mi imponevo disciplina e regole di comportamento socialmente virtuose. Non ero lì, non sono Mai stato lì! Scansavo la mediocrità e miserabilità dell'inesorabile quotidiano. Quell'immanenza di atti meccanici e dovuti, regolati su una scala di valori che ancora oggi reputo mediocri, senza respiro, in alcuni casi repulsivi. Non sono mai stato lì per naturale talento...
Su questo talento ho poi lavorato perché è sempre stato rischioso addirittura pericoloso, entrare nei casini delle pulsioni primarie, quelle che ti frustano a sangue per uscirne in equilibri precari e dunque, rientrarvi, perché la vita mi ha avuto e l'ho voluta intensamente anche io. Eppure, a quest'età da miracolati le domande sono in assoluto maggiori delle risposte ( e queste, incerte).

Tutti noi per qualche verso lasciamo una testimonianza del nostro essere vissuti con quelle particolari attitudini. Anche il killer, anche la cuoca sapiente, l'imprenditore d'impresa, il gigolò e cosi via ….via. A questa elementare verità non fanno eccezione gli artisti, anch'essi però di varia specie, nella maggiore o minore dimensione della loro creatività.
Penso al ruggito di alcuni come al ruttino di altri. Oggi circolano giocosi (ma che arroganza) molti nanoartisti (un ruttino appunto).


I ricordi sono territori nei quali i luoghi e i tempi sono troppo spesso insensati e imperscrutabili. I ricordi, a volte, sono quell'assoluto percepire il prima di noi, il prima del nostro irrilevante vissuto.


La parola, se non è carne non è.
Carne di senso, d'emozione, di illuminazione… per istanti, di memorie ontologiche, al dì là dei suoi pur legittimi e spesso rimossi significati , significati stratificati… La parola è dunque fisicità della totalità dell'essere.
Apuleio, Marziale, Rabelaise, Rimbaud, Celine, Joyce, E.Miller, Petrolini, Sanguineti, P.Conte, Rilke, Seferis, Kavafis, Montale, Calvino, Queneau…


C'è un passaggio nell'esperienza del fare, che esige l'articolazione a metà fra pensiero, (con le sue iperboliche e strutturali sintassi), le alchimie dei materiali e l'infinito territorio degli strumenti. E' un evento dentro una dimensione liquida, che vede spesso assieme al suo fluire di conferme e risposte ( mai definitive ) ingorghi, afasie, smarrimenti : è tutto dentro questo singolare pensiero materiale.